Compensi ai sensi del precedente Art. 15 c. 1 Lettera k) CCNL 1.4.1999 AVVOCATURA – Compensi legali per sentenze favorevoli
Attenzione!
Le risorse destinate a finanziare i compensi legali (“compensi avvocatura”) sono inserite tra le risorse NON soggette a limite (art. 23 c. 2 D.lgs 75/2017, c. 236 L. 208/2017 e art. 9 c. 2 bis DL. 78/2010). Tale assunto è stato chiarito da diversi pronunciamenti della Corte dei Conti, in particolare dalla Corte dei Conti sezione Regionale del Piemonte deliberazione 20/2018, riportata nei paragrafi successivi.
Le varie Sezioni Regionali, inoltre, si sono espresse in merito alla maturazione del compenso accessorio dell’avvocatura dell’Ente, ovvero se maturi in caso di sentenza favorevole o anche per altre fattispecie, e in quali casi corrispondere gli onorari, come sotto illustrato:
Corte dei Conti Sezione Regionale della Puglia delibera n. 120/2021 pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 22 luglio 2021. I magistrati contabili della Puglia si sono espressi su una richiesta di parere che presentava 3 quesiti distinti. I magistrati, una volta dichiarato oggettivamente inammissibile il terzo quesito, in quanto suscettibile di creare interferenze con l’ambito di cognizione del giudice naturale dei rapporti di lavoro, precisano che i primi due quesiti formulati dall’amministrazione provinciale saranno esaminati, astraendoli da ogni riferimento alle eventuali fattispecie concrete, e limitandosi ad offrire una lettura interpretativa delle norme di contabilità pubblica che regolano la materia in oggetto.
La Corte ricorda preliminarmente le previsioni del comma 6 dell’art. 9 del d.l. 90/2014: “in tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese, ivi compresi quelli di transazione dopo sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, ai dipendenti, ad esclusione del personale dell’Avvocatura dello Stato, sono corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti e nei limiti dello stanziamento previsto, il quale non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013”.
I magistrati pugliesi, in accordo con indirizzi espressi da altre pronunce (Corte conti, sez. contr. Toscana, del. n. 259/2014, sez. contr. Campania, del. n. 197/2019), pertanto, rispondono innanzitutto negativamente al primo quesito, evidenziando che nei casi di giudizi conclusi con la compensazione integrale delle spese tra le parti, ai dipendenti facenti parte dell’Avvocatura di un ente locale devono essere corrisposti i relativi compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti, nei limiti dello stanziamento previsto, essendo pertanto non consentito un surrettizio ed artificioso superamento di tali limiti, per il tramite di una liquidazione posticipata ad un periodo temporale successivo, in quanto ciò violerebbe palesemente la ratio della norma stessa.
Quanto al secondo quesito, secondo la deliberazione in commento, l’avvocato-dipendente dell’ente locale non può ottenere un compenso che si traduca in una somma superiore al relativo trattamento economico complessivo. Ciò in conseguenza delle previsioni stesse dei commi 3 e 7 del citato art. 9 secondo i quali rispettivamente: “Nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, le somme recuperate sono ripartite tra gli avvocati dipendenti delle amministrazioni di cui al comma 1, esclusi gli avvocati e i procuratori dello Stato, nella misura e con le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti e dalla contrattazione collettiva ai sensi del comma 5 e comunque nel rispetto dei limiti di cui al comma 7. La parte rimanente delle suddette somme è riversata nel bilancio dell’amministrazione”; “i compensi professionali di cui al comma 3 e al primo periodo del comma 6 possono essere corrisposti in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo”.
Corte dei Conti Sezione Regionale della Sicilia delibera n. 41/2020 pubblicata il 1.4.2020: Un Sindaco ha richiesto un parere in merito alla corretta attuazione della disciplina degli onorari da corrispondere ai legali dell’avvocatura comunale in caso di “sentenze favorevoli”.
La Corte precisa che per sentenza favorevole” si intende ogni provvedimento giudiziario, qualunque ne sia la forma, purché decisorio e idoneo ad assicurare un’utilità all’ente, e che i compensi massimi erogabili ai legali dell’avvocatura comunale non possono superare il corrispondente importo stanziato nell’anno 2013.
Inoltre, riprendendo quanto statuito dalla Del. 197/2019 della Sezione Regionale della Campania, precisa che qualunque definizione della locuzione «sentenza favorevole», di cui art. 9 del Decreto-legge n. 90 del 2014, vada effettuata alla luce dei canoni della sana gestione finanziaria e contabile, basati sul principio generale per cui la spendita di pubbliche risorse deve trovare corrispondenza in una utilità conseguita dall’ente, come conseguenza di una prestazione del dipendente.
Il Collegio, infine, ritiene che nell’ipotesi di “compensazione” il titolo legittimante il diritto all’emolumento aggiuntivo debba conseguire alla compresenza di due circostanze: un provvedimento decisorio pronunciato da organi giudiziari e un eventum utilitatis, corrispondente ad una effettiva attività utile ed inerente posta in essere – nello specifico contenzioso – dal legale interno: occorre, pertanto, esaminare in concreto l’“attività difensiva svolta dal legale” per valutare se la sua “aspettativa con riguardo alla possibilità di percepire tali emolumenti” (per usare le stesse espressioni della Corte costituzionale nella sentenza citata) si sia concretizzata in comportamenti professionali, che, laddove comprovati, generino il relativo diritto.
La Corte, infine, ribadisce come la norma dispone che la “parte rimanente”, cioè non impegnata per il pagamento dell’emolumento, sia riversata nel bilancio dell’ente, e sottintende la possibilità che quest’ultimo non destini tutte le somme recuperate per spese legali al pagamento del compenso accessorio dei propri avvocati.
Corte dei Conti Sezione Regionale della Campania, con la deliberazione n. 197/2019, pubblicata il 17 ottobre 2019. La Sezione Campana risponde ad una richiesta di parere in merito alla maturazione del compenso accessorio dell’avvocatura dell’Ente, ovvero se maturi in caso di sentenza favorevole o anche per altre fattispecie. I magistrati contabili hanno ribadito che il diritto al compenso accessorio dell’avvocatura dell’Ente non matura soltanto in caso di sentenza favorevole, ma anche in tutti quei casi in cui vi sia una rispondenza tra l’utilità del provvedimento processuale e quanto richiesto dalla difesa dell’Ente. Hanno precisato, infatti, che ai sensi dell’art. 9 del d.l. 90/2014, commi da 3 a 6, il diritto al compenso accessorio dell’avvocatura dell’Ente matura non soltanto nei casi di sentenza favorevole ma anche in tutti quei casi in cui vi sia una rispondenza tra l’utilità raggiunta con il provvedimento e l’oggetto del contendere richiesto dall’amministrazione difesa
La Corte, infine, precisa che a differenza di quanto statuito dalla Sezione Regionale Sicilia con Del. 88/2019 (che ritiene non solo necessario il carattere “favorevole”, ma altresì la forma “sentenza”), le sentenze sono solo una delle forme tipiche di decisione giurisdizionale e che la satisfattorietà dei provvedimenti deve essere valutata in relazione al tipo di processo e all’utilità raggiunta con il medesimo, in relazione a quanto richiesto dall’amministrazione.
Corte dei Conti Sezione Regionale della Sicilia con la deliberazione 88/2019, pubblicata il 6 maggio 2019: Imagistrati contabili Siciliani rispondono al quesito relativo aicompensi professionali in favore degli avvocati incardinati nelle strutture pubbliche, se questi debbano essere limitati alle ipotesi in cui gli enti abbiano ottenuto sentenza favorevole, con recupero delle spese legali o con compensazione integrale, ovvero se possa essere esteso anche ai diversi casi di “provvedimenti decisori pronunciati dagli organi giudiziari”, nonché “di estinzione del giudizio per perenzione, rinuncia di controparte o abbandono della controversia o, in generale, per inattività della controparte in qualsiasi fase del giudizio cautelare, di merito o di esecuzione che comporti la completa salvaguardia dei beni e diritti dell’Ente.
La Corte ha ribadito che i compensi aggiuntivi non hanno la funzione di remunerare l’intera attività dei professionisti legali interni, ma possono essere erogati soltanto nelle ipotesi espressamente contemplate dalla legge. In particolare precisa che la struttura del trattamento economico del dipendente avvocato, è normalmente composto, pur nella varietà delle situazioni, per una quota, dallo stipendio tabellare e dalle relative voci integrative e accessorie e, per altra quota, da compensi aggiuntivi correlati all’esito favorevole delle lite, di importo tendenzialmente variabile, ancorché erogati con continuità. Poiché il trattamento economico è duplice, i compensi aggiuntivi non hanno la funzione di remunerare l’intera attività dei professionisti legali interni, ma possono essere erogati soltanto nelle ipotesi espressamente contemplate dalla legge, nello specifico, l’art. 9 del D.L. n. 90 del 2014 fa testualmente riferimento soltanto alle “sentenze favorevoli”, con recupero delle spese legali o con compensazione integrale. Infatti, il presupposto per l’erogazione dei compensi aggiuntivi è costituito dall’esito vittorioso della lite, riscontrabile nelle sentenze che definiscono la fase di giudizio respingendo le domande di controparte per ragioni processuali o di merito, ma certamente non nei casi “di estinzione del giudizio per perenzione, rinuncia di controparte o abbandono della controversia o, in generale, per inattività della controparte in qualsiasi fase del giudizio cautelare, di merito o di esecuzione che comporti la completa salvaguardia dei beni e diritti dell’Ente”, oltre che di abbandono o rinuncia con onere delle spese.
Corte dei Conti sezione Regionale del Piemonte deliberazione 20/2018. Un sindaco ha chiesto un parere in merito all’assoggettamento dei compensi professionali dei legali interni ai limiti previsti per il fondo delle risorse accessorie. I magistrati contabili del Piemonte hanno confermato l’attuale prevalente consolidato indirizzo secondo il quale per i compensi professionali dei legali interni non possano trovare applicazione i limiti previsti dalla normativa di contabilità pubblica per la retribuzione accessoria del personale dipendente, a partire dall’articolo 1, comma 236, della legge 208/2015 (Sez. Liguria, del. n. 86/2013; sez. Veneto, del. n. 200/2014; sez. Toscana, del. n. 259/2014; sez. Puglia, del. n. 127/2014; sez. Friuli Venezia Giulia, del. n. 12/2015). Tali compensi, infatti, sono finalizzati a remunerare prestazioni professionali che altrimenti l’ente dovrebbe acquisire, con maggior spesa, all’esterno (Sezioni Riunite, del. n. 51/2011). Tale interpretazione appare peraltro avallata proprio dall’introduzione della complessiva disciplina dettata dall’articolo 9 del d.l. 90/2014, la quale a pieno titolo legittima il diritto dei legali pubblici dipendenti a percepire i compensi professionali quale quota parte della propria retribuzione, regolandone nel dettaglio i presupposti. La normativa dettata dal comma 6 del d.l. 90/2014 prevede sia un tetto di natura oggettiva rispetto al complesso delle risorse destinabili dall’Ente alla corresponsione dei compensi de quibus (risorse che non possono superare il corrispondente importo già stanziato per l’anno 2013), sia di natura soggettiva, riferibile cioè al trattamento retributivo individuale del singolo dipendente, posto che i detti compensi possono essere corrisposti “in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo”. Secondo il consolidato orientamento della magistratura contabile, l’assenza, per qualsiasi motivo, dello stanziamento nell’anno di riferimento (2013) non può giustificare il diniego del diritto del “professionista dipendente” al riconoscimento del trattamento accessorio previsto dalla legge (Sez. Puglia, del. n. 49/2014; sez.Liguria, del. n. 82/2015; sez. Sardegna, del. n. 118/2016). In tal caso spetterà all’ente determinare un parametro di riferimento, ad esempio quantificando l’entità dei contenziosi pendenti nel periodo in considerazione. Al contrario, deve escludersi che tale parametro possa essere ravvisato in quello previsto a bilancio per il 2013 per le prestazioni dei professionisti esterni.
Tale orientamento è la conferma di quanto indicatoo dalla Sezione regionale di controllo per la Puglia con Delibera n. 52 del 4 aprile 2017 “..Come rilevato, dalla Sezione regionale di controllo per la Sardegna, con deliberazione n. 118/2016/PAR, l’introduzione della complessiva disciplina di cui all’art. 9 del D. L. n. 90/2014 sembra legittimare il diritto dei legali pubblici dipendenti a percepire i compensi professionali quale parte della propria retribuzione, regolandone nel dettaglio i presupposti ed i limiti. La disposizione menzionata prevede, infatti, la possibile corresponsione di compensi professionali agli avvocati dipendenti delle amministrazioni pubbliche, oltre che nell’ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti (comma 3), anche in tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese (comma 6), demandando in entrambi i casi la determinazione della misura e delle modalità di ripartizione degli emolumenti alle disposizioni regolamentari interne ed alla contrattazione collettiva di ciascuna amministrazione; si tratterebbe, quindi, non di incentivi costituenti una voce del trattamento accessorio ma di compensi finalizzati a remunerare l’attività professionale specifica dell’avvocato e, quindi, non ripartibili in sede di contrattazione decentrata a favore della generalità dei dipendenti (Sezione regionale di controllo per la Liguria, deliberazione n. 52/2016, Sezione regionale di controllo per la Toscana, deliberazione n. 259/2014/PAR, Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazioni n. 200/PAR/2016, n. 127/PAR/2014, Sezione controllo Friuli Venezia Giulia, deliberazione n. 12/2015/PAR).
“…Pertanto, ad avviso di questa Sezione, per i compensi professionali dei legali interni non possono trovare applicazione i limiti previsti per la retribuzione accessoria del personale dipendente, oggi trasfusi nell’art. 1, comma 236, della L. n. 208/2015 (Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 200/PAR/2016 del 13/12/2016)”.
DISCIPLINA INCENTIVI AVVOCATURA ANNO 2014 E SEGUENTI
Art. 9 bis DL 90/2014 convertito in L. 114/2014
Con la recentissima modifica normativa dell’art. 9 del DL 90/2014 convertito nella L. 114/2014 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari) è statai riformata completamente la disciplina dei compensi professionali liquidati in favore degli “avvocati pubblici” (avvocati dello Stato e degli enti pubblici).
Il nuovo primo comma dispone ora che i compensi medesimi devono essere computati ai fini del raggiungimento del limite retributivo massimo valevole per chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le pubbliche amministrazioni; limite parametrato al trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione, attualmente pari a € 311.658,53, come indicato dalla nota del Ministero della giustizia n. 6651 del 23 gennaio 2014.
Il secondo comma stabilisce le abrogazioni delle seguenti disposizioni:
- · articolo 1, comma 457, della L. 147/2013 (Legge di stabilità 2014) che, per il triennio2014-2016, aveva ridotto i compensi di dipendenti o dirigenti delle pubbliche amministrazioni – compreso il personale dell’Avvocatura dello Stato – in relazione aisuccessi nei processi in cui questi hanno rappresentato l’amministrazione;
- · articolo 21, comma 3, del R.D. 1611/1933 (T.U. sulla rappresentanza e difesa in giudiziodello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato) che prevede i compensi (a carico dell’Erario) in favore degli avvocati della PA: per le transazioni che seguono a sentenze favorevoli alla pubblica amministrazione; in caso di compensazione integrale o parziale delle spese in cause nelle quali le Amministrazioni stesse non siano rimaste soccombenti. Tale abrogazione, e quindi l’applicazione della disposizione concernente i compensi spettanti agli “avvocati pubblici” in tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese (comma 6, primo periodo), si applica alle sole sentenze depositate successivamente alladata di entrata in vigore del decreto-legge (25 giugno 2014).
In base al terzo comma, poi, in caso di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, le somme recuperate potranno essere ripartite tra gli avvocati dipendenti delle amministrazioni secondo quanto stabilito dai rispettivi regolamenti e dalla contrattazione collettiva, in modo da consentire l’attribuzione a ciascun avvocato di una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo. La parte rimanente delle suddette somme verrà invece riversata nel bilancio dell’amministrazione.
Detti regolamenti e contratti collettivi,secondo quanto previsto dal comma 5, dovranno prevedere criteri di riparto delle somme che tengano conto del rendimento individuale, secondo criteri oggettivamente misurabili che si basino, tra l’altro, sulla puntualità negli adempimenti processuali. Altri criteri dovranno essere individuati ai fini dell’assegnazione degli «affari consultivi e contenziosi», da operare attraverso sistemi informatici e secondo principi di parità di trattamento e di specializzazione contrattuale.
Diversamente, il comma 6 consente, in tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese (anche di transazione seguita a sentenza favorevole), la corresponsione di compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti e nei limiti dello stanziamento previsto (che non può superare quello del 2013). E nello stesso limite appena ricordato (stanziamento previsto comunque non superiore al corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013), potranno essere corrisposti in base alle norme regolamentari o contrattuali delle relative amministrazioni anche i compensi relativi ai giudizi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali.
Si precisa che le novità introdotte dal DL 90/2014 si applicano a decorrere dall’adeguamento dei regolamenti e dei contratti collettivi, da operare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione L. 114 del 11.8.2014 (quindi entro il 10.11.2014). In assenza del suddetto adeguamento, a decorrere dal 1º gennaio 2015, le amministrazioni pubbliche non possono corrispondere compensi professionali agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato.
Ulteriori chiarimenti sono stati forniti dalla Ragioneria dello Stato nella CIRCOLARE N. 8/2015 (pag. 48) destinata agli Enti dello Stato
In materia di onorari delle Avvocature delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001, si segnala la riforma operata dall’articolo 9 del decreto legge n. 90/2014, convertito nella legge n. 114/2014, con cui è stata tra l’altro disposta l’abrogazione dell’articolo 1, comma 457, della legge di stabilità 2014 che prevedeva, per il triennio 2014-2016, una riduzione del 25% dei compensi derivanti da sentenze favorevoli con compensazione delle spese e del 12,5% di quelli derivanti da sentenze favorevoli con recupero delle spese a carico della controparte.
La nuova disciplina recata dal citato articolo 9 prevede, con riferimento agli avvocati dipendenti dalle predette amministrazioni (esclusi gli avvocati e i procuratori dello Stato per i quali la stessa norma introduce una differente disciplina) che:
a) nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, le somme recuperate sono ripartite tra gli avvocati dipendenti nella misura e con le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti e dalla contrattazione collettiva da adeguarsi entro tre mesi a decorrere dal 2 settembre 2014 (data di entrata in vigore della citata legge di conversione); ciò con effetto dal predetto adeguamento;
b) in tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese, ivi compresi quelli di transazione dopo sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, sono corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti e nei limiti dello stanziamento previsto, il quale non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013; ciò con riferimento alle sentenze depositate successivamente all’entrata in vigore del medesimo decreto legge n. 90/2014;
c) i predetti compensi possono essere corrisposti in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo (calcolato al netto dei compensi stessi). Nei casi di cui alla lettera a) le somme recuperate e non erogate al personale sono riversate nel bilancio dell’amministrazione (comma 3, ultimo periodo).
Per quanto riguarda, in particolare, i giudizi di cui all’articolo 152 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368 (riguardanti la materia previdenziale) lo stesso articolo 9 ha previsto che i relativi compensi professionali possono essere corrisposti in base alle norme regolamentari o contrattuali delle amministrazioni interessate (da adeguare anch’esse entro tre mesi dall’entrata in vigore della citata legge di conversione), nei limiti dello stanziamento previsto che comunque non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013.
Si richiama l’attenzione su quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 8 che esclude, nei casi di mancato adeguamento dei regolamenti e delle norme contrattuali, laddove previsto, di corrispondere, a decorrere dal 1° gennaio 2015, i relativi compensi.
Corte dei Conti Campania Parere n. 235 del 13.9.2017: Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla corretta interpretazione dell’art. 9 del D.l. 90/2014 che ha imposto alle amministrazioni l’adeguamento dei regolamenti interni sulla disciplina dei compensi al personale addetto al Servizio di avvocatura. In particolare l’ente ha chiesto se sia possibile procedere alla liquidazione agli aventi diritto dei compensi maturati dal 1° gennaio 2015 in assenza di adeguamento del regolamento.
I magistrati contabili della Campania hanno ribadito che durante il periodo di adeguamento del regolamento comunale non è possibile liquidare i compensi maturati medio tempore dopo il 1° gennaio 2015 fino all’adeguamento del regolamento, in quanto la norma legislativa ne vieta la corresponsione.
Ulteriore parere della Corte della Campania n. 197/2019.
DISCIPLINA INCENTIVI AVVOCATURA ANNI PRECEDENTI (FINO AL 2013)
La norma che istituisce l’Avvocatura risale al 1933, quando, con Regio Decreto n. 1578 , veniva previsto che all’interno degli Enti locali potessero essere creati gli uffici legali, purché i dipendenti ivi destinati si occupassero esclusivamente di cause dell’Ente presso il quale prestavano la loro opera.
I requisiti richiesti per la creazione di una avvocatura presso una Pubblica amministrazione sono:
1) costituzione di un apposito ufficio dotato di adeguata “stabilità”
2) autonomia organizzativa e distinzione dell’avvocatura dagli altri uffici di “gestione” amministrativa;
3) adibizione a tale ufficio di dipendenti abilitati all’esercizio della professione forense;
4) adibizione di detti dipendenti in via esclusiva alle “cause ed affari legali” dell’Ente con inibizione allo svolgimento di attività di “gestione”
Per tali incarichi è prevista la corresponsione di un compenso aggiuntivo in funzione dell’andamento della causa sostenuta
RIFERIMENTI CONTRATTUALI
CCNL 14/9/2000
Art.27
Norma per gli enti provvisti di Avvocatura
Gli enti provvisti di Avvocatura costituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente, secondo i principi di cui al regio decreto legge 27.11.1933 n. 1578 e disciplinano, altresì, in sede di contrattazione decentrata integrativa la correlazione tra tali compensi professionali e la retribuzione di risultato di cui all’art. 10 del CCNL del 31.3.1999. Sono fatti salvi gli effetti degli atti con i quali gli stessi enti abbiano applicato la disciplina vigente per l’Avvocatura dello Stato anche prima della stipulazione del presente CCNL.
CCNL 01.04.1999 – ART. 15 comma 1 lett. k e ART. 17 comma 2 lett. g
ART. 15
Risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività
- Presso ciascun ente, a decorrere dal 1.1.1999, sono annualmente destinate alla attuazione della nuova classificazione del personale, fatto salvo quanto previsto nel comma 5, secondo la disciplina del CCNL del …., nonché a sostenere le iniziative rivolte a migliorare la produttività, l’efficienza e l’efficacia dei servizi, le seguenti risorse:
[…] omissis
k) le risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzano alla incentivazione di prestazioni o di risultati del personale, da utilizzarsi secondo la disciplina dell’art. 17
ART. 17
Utilizzo delle risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività
- Le risorse di cui all’art.15 sono finalizzate a promuovere effettivi e significativi miglioramenti nei livelli di efficienza e di efficacia degli enti e delle amministrazioni e di qualità dei servizi istituzionali mediante la realizzazione di piani di attività anche pluriennali e di progetti strumentali e di risultato basati su sistemi di programmazione e di controllo quali-quantitativo dei risultati.
- In relazione alle finalità di cui al comma 1, le risorse di cui all’art. 15 sono utilizzate per:
[…] omissis
g) incentivare le specifiche attività e prestazioni correlate alla utilizzazione delle risorse indicate nell’art. 15, comma 1, lettera k).
RIFERIMENTI NORMATIVI
Art. 9 bis DL 90/2014 convertito in L. 114/2014
Art. 9.
(Riforma degli onorari dell’Avvocatura generale dello Stato e delle avvocature degli enti pubblici)
1. I compensi professionali corrisposti dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato, sono computati ai fini del raggiungimento del limite retributivo di cui all’articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni.
2. Sono abrogati il comma 457 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e il terzo comma dell’articolo 21 del testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. L’abrogazione del citato terzo comma ha efficacia relativamente alle sentenze depositate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, le somme recuperate sono ripartite tra gli avvocati dipendenti delle amministrazioni di cui al comma 1, esclusi gli avvocati e i procuratori dello Stato, nella misura e con le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti e dalla contrattazione collettiva ai sensi del comma 5 e comunque nel rispetto dei limiti di cui al comma 7. La parte rimanente delle suddette somme è riversata nel bilancio dell’amministrazione.
4. Nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, il 50 per cento delle somme recuperate è ripartito tra gli avvocati e procuratori dello Stato secondo le previsioni regolamentari dell’Avvocatura dello Stato, adottate ai sensi del comma 5. Un ulteriore 25 per cento delle suddette somme è destinato a borse di studio per lo svolgimento della pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato, da attribuire previa procedura di valutazione comparativa. Il rimanente 25 per cento è destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, di cui all’articolo 1, comma 431, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni.
5. I regolamenti dell’Avvocatura dello Stato e degli altri enti pubblici e i contratti collettivi prevedono criteri di riparto delle somme di cui al primo periodo del comma 3 e al primo periodo del comma 4 in base al rendimento individuale, secondo criteri oggettivamente misurabili che tengano conto tra l’altro della puntualità negli adempimenti processuali. I suddetti regolamenti e contratti collettivi definiscono altresì i criteri di assegnazione degli affari consultivi e contenziosi, da operare ove possibile attraverso sistemi informatici, secondo princìpi di parità di trattamento e di specializzazione professionale.
6. In tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese, ivi compresi quelli di transazione dopo sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, ai dipendenti, ad esclusione del personale dell’Avvocatura dello Stato, sono corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti e nei limiti dello stanziamento previsto, il quale non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013. Nei giudizi di cui all’articolo 152 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, possono essere corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali delle relative amministrazioni e nei limiti dello stanziamento previsto. Il suddetto stanziamento non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013.
7. I compensi professionali di cui al comma 3 e al primo periodo del comma 6 possono essere corrisposti in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo.
8. Il primo periodo del comma 6 si applica alle sentenze depositate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. I commi 3, 4 e 5 e il secondo e il terzo periodo del comma 6 nonché il comma 7 si applicano a decorrere dall’adeguamento dei regolamenti e dei contratti collettivi di cui al comma 5, da operare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. In assenza del suddetto adeguamento, a decorrere dal 1º gennaio 2015, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 non possono corrispondere compensi professionali agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato.
9. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare minori risparmi rispetto a quelli già previsti a legislazione vigente e considerati nei saldi tendenziali di finanza pubblica.
Legge di stabilità 2014 (legge 24 dicembre 2013, n.147), comma 557
“A decorrere dal 1º gennaio 2014 e fino al 31 dicembre 2016, i compensi professionali liquidati, esclusi, nella misura del 50 per cento, quelli a carico della controparte, a seguito di sentenza favorevole per le pubbliche amministrazioni ai sensi del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, o di altre analoghe disposizioni legislative o contrattuali, in favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato, sono corrisposti nella misura del 75 per cento”
Legge 244 del 2007 art. 2 ( finanziaria 2008)
“Gli enti locali di cui all’articolo 2 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono istituire, mediante apposite convenzioni, da stipulare ai sensi dell’articolo 30 del medesimo testo unico, uffici unici di avvocatura per lo svolgimento di attività di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti convenzionati.”
Legge 266 del 2005 art. 1 comma 208 (finanziaria 2006)
Le somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali comunque dovuti al personale dell’avvocatura interna delle amministrazioni pubbliche sulla base di specifiche disposizioni contrattuali sono da considerare comprensive degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro.
PARERI ARAN
RAL220 – Orientamenti Applicativi
E’ possibile regolamentare la corresponsione dei compensi agli Avvocati dipendenti degli Enti, per le attività svolte in ambito stragiudiziale?
Ai sensi dell’art.2, comma 3 del D.Lgs.n.165/2001, l’attribuzione di trattamenti economici al personale può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle condizioni da questi previste, mediante contratti individuali.
L’art.27 del CCNL del 14.9.2000 stabilisce espressamente che “gli enti provvisti di Avvocaturacostituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente, secondo i principi di cui al regio decreto legge 27.11.1933 n. 1578 e disciplinano, altresì, in sede di contrattazione decentrata integrativa la correlazione tra tali compensi professionali e la retribuzione di risultato di cui all’art. 10 del CCNL del 31.3.1999 …”.
La previsione contrattuale non si presta, a nostro avviso, ad interpretazioni estensive: essa è applicabile ai soli compensi professionali dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente e, pertanto, non risulta applicabile né in caso di attività professionali svolte in ambito stragiudiziale né in caso di attività professionali svolte nell’ambito di un “processo” che si concluda con un atto diverso dalla sentenza favorevole all’ente.
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E’ possibile riconoscere in sede di contrattazione integrativa gli incentivi previsti per i dirigenti ed i funzionari avvocati dell’Ufficio Avvocatura dell’ente dall’art.37 del CCNL dell’Area della dirigenza del Comparto delle Regioni e degli Enti Locali e dell’art.27 del CCNL del personale non dirigente del medesimo Comparto del 14.9.2000, in quota parte, anche ai dipendenti del settore Avvocatura e del settore Risorse umane che non svolgono la professione di avvocati? E’ legittimo ed efficace un contratto integrativo che ampli le previsioni del CCNL?
Relativamente a queste particolari problematiche, si ritiene utile evidenziare quanto segue:
a) la disciplina dei compensi professionali previsti dell’art.27 del CCNL del 14.9.2000 (identica è la disciplina per l’area della dirigenza fissata dall’art. 37 del CCNL del 23.12.1999) trova applicazione solo presso gli enti che hanno formalmente istituito un ufficio di Avvocatura, secondo le regole dei propri ordinamenti;
b) a tal fine è necessaria la previa adozione da parte dell’ente stesso di una disciplina specifica in materia di compensi professionali da corrispondere agli avvocati;
c) destinatario della stessa è solo ed esclusivamente il personale formalmente inquadrato nello specifico profilo di avvocato ed assegnato all’ufficio dell’Avvocatura dell’ente;
d) l’art.27 del CCNL del 14.9.2000, nella sua formulazione testuale, facendo espresso riferimento alle sole Avvocature formalmente costituite secondo i rispettivi ordinamenti e rinviando, per la corresponsione dei compensi professionali, ai principi di cui al R.D.n.1578 del 1933, non ha inteso riferirsi, indistintamente, a tutti coloro che svolgono funzioni di rappresentanza o difesa dell’ente (nozione ampia, nella quale potrebbero essere ricompresi, ad esempio, anche gli addetti all’ufficio del contenzioso che, ai sensi degli artt.12 del D.Lgs.165/2001 e 417 bis del c.p.c. difendono l’amministrazione nei giudizi di primo grado davanti al giudice del lavoro), ma solo ai professionisti legali in servizio presso le Avvocature degli enti formalmente costituite secondo i rispettivi ordinamenti ed iscritti nell’elenco speciale dell’albo degli avvocati patrocinanti le pubbliche amministrazioni;
e) trattandosi di compensi “professionali” che possono essere corrisposti esclusivamente agli avvocati in servizio presso gli enti locali a seguito di sentenza favorevole agli stessi, si esclude radicalmente che la medesima disciplina possa essere estesa, in via analogica, anche ad altre categorie di personale non rientranti espressamente nell’ambito di applicazione del citato art. 27 del CCNL del 14.9.2000;
f) conseguentemente, non si ritiene in alcun modo possibile che una parte dei compensi possa essere utilizzata, sulla base di una autonoma regolamentazione amministrativa adottata dall’ente, per corrispondere compensi incentivanti ad altre categorie di personale amministrativo;
g) il trattamento economico fondamentale ed accessorio del personale delle pubbliche amministrazioni è solo quello espressamente stabilito dai contratti collettivi nazionali di lavoro e, sulla base delle prescrizioni di questi ultimi, quello definito dai contratti collettivi decentrati integrativi, come chiaramente disposto dall’art. 2, comma 3, e dall’art. 45, comma 1, del D.Lgs. n. 165/2001; nessuna disposizione contrattuale autorizza la erogazione dei compensi di cui si tratta anche a favore del personale amministrativo ancorché in servizio presso il Servizio avvocatura dell’ente;
h) le fonti di finanziamento dei vari istituti del trattamento economico del personale sono solo quelle espressamente previste dall’art. 15 del CCNL del medesimo CCNL dell’1.4.1999 e successive modificazioni ed integrazioni; nessuna delle diverse previsioni del citato art.15 del CCNL dell’1.4.1999 si presta a ricomprendere le risorse destinate al finanziamento del compenso di cui si tratta, neppure quella dalla lett. k), che fa riferimento solo alle “…risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzano alla incentivazione di prestazioni o di risultati del personale, da utilizzarsi secondo la disciplina dell’art. 17”; nel caso in esame non solo non vengono in considerazione risorse previste da specifiche fonti legislative e finalizzate all’incentivazione del personale, ma i compensi dei professionisti legali, di cui al richiamato art.27 del CCNL del 14.9.2000, non sono neppure oggetto di contrattazione né per l’individuazione dei destinatari né per ciò che attiene alla misura ed alle modalità di erogazione degli stessi
L’attuale disciplina legislativa in materia di contrattazione collettiva del settore pubblico richiede un forte vincolo di coerenza tra contratto collettivo nazionale e previsioni della contrattazione integrativa, assistito da un preciso sistema sanzionatorio.
In proposito si richiamano, innanzitutto, le disposizioni dell’art.40, comma 3-bis, del D.Lgs.n.165/2001, come novellato dall’art.54 del D.Lgs.n.150/2009, secondo il quale:
“3-bis. Le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, ……… Essa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. …….”
Il successivo comma 3-quinquies del medesimo art.40 del D.Lgs.n.165/2001 a sua volta dispone:
“3-quinquies. ……. Le pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile…..”.
In tal modo, il legislatore ha confermato e rafforzato ulteriormente la disciplina già contenuta nel precedente testo del D.Lgs.n.165/2001.
Per effetto delle richiamate disposizioni legislative, si deve escludere, pertanto, ogni possibilità per la contrattazione integrativa di introdurre compensi non previsti dal CCNL o di erogare quelli da questa stabiliti secondo modalità diverse da quelle previste dal livello negoziale nazionale.
Gli eventuali vizi del contratto integrativo, sotto il doppio profilo evidenziato, sono rilevabili dagli ispettori della Ragioneria generale dello Stato e del Dipartimento della Funzione Pubblica nonché dalla Corte dei Conti.
I maggiori oneri finanziari sostenuti a carico del bilancio o l’utilizzo improprio delle risorse della contrattazione integrativa in contrasto con le previsioni del CCNL potrebbero essere causa di responsabilità amministrativa per i soggetti che vi hanno dato luogo, come dimostrano le sempre più frequenti decisioni di condanna della Corte dei Conti in sede giurisdizionale su questa specifica materia (v. tra le altre: Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia, sentenza n.457/2008; Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Regionale per la Puglia, sentenza n.615/2010).
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Le competenze professionali maturate e corrisposte dall’ente a dipendenti comunali (specialisti avvocati e personale amministrativo) a seguito dell’esito favorevole dei giudizi patrocinati da personale del servizio avvocatura, in applicazione dell’art.27 del CCNL del 14.9.2000, devono essere considerate nella base di calcolo della tredicesima mensilità, dato che, stante la loro natura retributiva, esse devono essere ricomprese nella nozione di retribuzione individuale mensile, di cui all’art.10, comma 2, lett.c) del CCNL del 9.5.2006?
L’ attuale disciplina della tredicesima mensilità, contenuta nell’art.5 del CCNL del 9.5.2006, prende a base di calcolo esclusivamente gli elementi retributivi riconducibili alla nozione di retribuzione di cui all’art. 10, comma 2, lett. c), del CCNL del 9.5.2006.
Detta nozione, come risulta dall’espressa formulazione della clausola contrattuale, ricomprende:
- la retribuzione tabellare iniziale;
- gli incrementi tabellari per progressione economica orizzontale nella categoria;
- la retribuzione individuale di anzianità;
- la retribuzione di posizione dei titolari di posizione organizzativa;
- gli assegni ad personam a carattere continuativo e non riassorbibile.
Si tratta di un’elencazione tassativa ed esaustiva e, quindi, insuscettibile di essere estesa nel senso di ricomprendere nella stessa altre indennità o altri compensi, contrattualmente previsti per remunerare particolari categorie di lavoratori o per compensare specifiche prestazioni.
Pertanto, nel caso rappresentato, proprio per la mancanza di una specifica indicazione in tal senso nel citato art.10 del CCNL del 9.5.2006, si deve escludere che possano essere inclusi nella base di calcolo della tredicesima mensilità anche i compensi professionali previsti dall’art. 27 del CCNL del 14.9.2000.
Si coglie l’occasione per precisare anche che:
a) la disciplina dei compensi professionali previsti dell’art.27 del CCNL del 14.9.2000 trova applicazione solo presso gli enti che hanno formalmente istituito un ufficio di Avvocatura, secondo le regole dei propri ordinamenti;
b) a tal fine è necessaria la previa adozione da parte dell’ente stesso di una disciplina specifica in materia di compensi professionali da corrispondere agli avvocati;
c) destinatario della stessa è solo ed esclusivamente il personale formalmente inquadrato nello specifico profilo di avvocato ed assegnato all’ufficio dell’Avvocatura dell’ente;
d) l’art.27 del CCNL del 14.9.2000, nella sua formulazione testuale, facendo espresso riferimento alle sole Avvocature formalmente costituite secondo i rispettivi ordinamenti e rinviando, per la corresponsione dei compensi professionali, ai principi di cui al R.D. n.1578 del 1933, non ha inteso riferirsi, indistintamente, a tutti coloro che svolgono funzioni di rappresentanza o difesa dell’ente (nozione ampia, nella quale potrebbero essere ricompresi, ad esempio, anche gli addetti all’ufficio del contenzioso che, ai sensi degli artt.12 del D.Lgs.165/2001 e 417 bis del c.p.c. difendono l’amministrazione nei giudizi di primo grado davanti al giudice del lavoro), ma solo ai professionisti legali in servizio presso le Avvocature degli enti formalmente costituite secondo i rispettivi ordinamenti ed iscritti nell’elenco speciale dell’albo degli avvocati patrocinanti le pubbliche amministrazioni;
e) trattandosi di compensi “professionali” che possono essere corrisposti esclusivamente agli avvocati in servizio presso gli enti locali a seguito di sentenza favorevole agli stessi, si esclude radicalmente che la medesima disciplina possa essere estesa, in via analogica, anche ad altre categorie di personale non rientranti espressamente nell’ambito di applicazione del citato art. 27 del CCNL del 14.9.2000;
f) conseguentemente, non si ritiene in alcun modo possibile che una parte dei compensi possa essere utilizzata, sulla base di una autonoma regolamentazione amministrativa adottata dall’ente, per corrispondere compensi incentivanti ad altre categorie di personale amministrativo;
g) il trattamento economico fondamentale ed accessorio del personale delle pubbliche amministrazioni è solo quello espressamente stabilito dai contratti collettivi nazionali di lavoro e, sulla base delle prescrizioni di questi ultimi, quello definito dai contratti collettivi decentrati integrativi, come chiaramente disposto dall’art. 2, comma 3, e dall’art. 45, comma 1, del D.Lgs. n. 165/2001; nessuna disposizione contrattuale autorizza la erogazione dei compensi di cui si tratta anche a favore del personale amministrativo ancorché in servizio presso il Servizio avvocatura dell’ente;
h) le fonti di finanziamento dei vari istituti del trattamento economico del personale sono solo quelle espressamente previste dall’art. 15 del CCNL del medesimo CCNL dell’1.4.1999 e successive modificazioni ed integrazioni; nessuna delle diverse previsioni del citato art.15 del CCNL dell’1.4.1999 si presta a ricomprendere le risorse destinate al finanziamento del compenso di cui si tratta, neppure quella dalla lett. k), che fa riferimento solo alle “…risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzano alla incentivazione di prestazioni o di risultati del personale, da utilizzarsi secondo la disciplina dell’art. 17”; nel caso in esame non solo non vengono in considerazione risorse previste da specifiche fonti legislative e finalizzate all’incentivazione del personale, ma i compensi dei professionisti legali, di cui al richiamato art.27 del CCNL del 14.9.2000, non sono neppure oggetto di contrattazione né per l’individuazione dei destinatari né per ciò che attiene alla misura ed alle modalità di erogazione degli stessi.
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Quali sono i presupposti applicativi della disciplina dei compensi professionali contenuta nell’art.27 del CCNL del personale non dirigente del Comparto Regioni-Enti Locali del 14.9.2000? In particolare, nella sfera applicativa della suddetta disciplina rientrano anche le sentenze che, pur favorevoli all’ente, dispongano la compensazione delle spese tra le parti?
La disciplina dei compensi professionali previsti dell’art.27 del CCNL del 14.9.2000 (identica è la disciplina per l’area della dirigenza fissata dall’art. 37 del CCNL del 23/12/1999), può riassumersi nei seguenti termini:
a) essa può trovare applicazione solo presso gli enti che hanno formalmente istituito un ufficio di Avvocatura, secondo le regole dei propri ordinamenti;
b) a tal fine è necessaria la previa adozione da parte dell’ente stesso di una disciplina specifica in materia di compensi professionali da corrispondere agli avvocati;
c) destinatario della stessa è solo ed esclusivamente il personale formalmente inquadrato nello specifico profilo di avvocato ed assegnato all’ufficio dell’Avvocatura dell’ente;
d) l’art.27 del CCNL del 14.9.2000, nella sua formulazione testuale, facendo espresso riferimento alle sole Avvocature formalmente costituite secondo i rispettivi ordinamenti e rinviando, per la corresponsione dei compensi professionali, ai principi di cui al RDL 1578 del 1933, non ha inteso riferirsi, indistintamente, a tutti coloro che svolgono funzioni di rappresentanza o difesa dell’ente (nozione ampia, nella quale potrebbero essere ricompresi, ad esempio, anche gli addetti all’ufficio del contenzioso che, ai sensi degli artt.12 del D.Lgs.165/2001 e 417 bis del c.p.c. difendono l’amministrazione nei giudizi di primo grado davanti al giudice del lavoro), ma solo ai professionisti legali in servizio presso le Avvocature degli enti formalmente costituite secondo i rispettivi ordinamenti ed iscritti nell’elenco speciale dell’albo degli avvocati patrocinanti le pubbliche amministrazioni;
e) trattandosi di compensi “professionali” che possono essere corrisposti esclusivamente agli avvocati in servizio presso gli enti locali a seguito di sentenza favorevole agli stessi, si esclude radicalmente che la medesima disciplina possa essere estesa, in via analogica, anche ad altre categorie di personale non rientranti espressamente nell’ambito di applicazione del citato art. 27 del CCNL del 14.9.2000;
f) conseguentemente, la mancanza dei presupposti legittimanti previsti dalla disciplina contrattuale (istituzione presso l’ente di uno specifico ufficio di avvocatura; espressa e formale regolamentazione da parte dell’ente dei compensi professionali), non consente l’erogazione dei particolari compensi di cui si tratta;
g) sulla base della chiara formulazione della previsione contrattuale, che non sembra prestarsi ad interpretazioni estensive, nei vari orientamenti applicativi formulati in materia, è stato sempre evidenziato che la disciplina di cui si tratta:
1) è applicabile ai soli compensi professionali dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente;
2) non risulta applicabile né in caso di attività professionali svolte in ambito stragiudiziale né in caso di attività professionali svolte nell’ambito di un “processo” che si concluda con un atto diverso dalla sentenza favorevole all’ente.
h) nel senso della applicabilità della disciplina dei compensi professionali anche in presenza di sentenze che, pur favorevoli all’ente, dispongano la compensazione delle spese tra le parti, non può non essere richiamata la più recente sentenza del TAR Puglia Lecce, Sez.III, n.847 del 25.3.2010, che, relativamente alle previsioni dell’art.27 del CCNL del 14.9.2000, ha dichiarato l’illegittimità del regolamento sul funzionamento dell’avvocatura di un comune nella parte in cui limitava la corresponsione dei compensi dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente ai soli casi in cui la controparte sia condannata al pagamento delle spese di giudizio e ne sia stato ottenuto il recupero. Nel medesimo senso, si è pronunciata la Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Basilicata, Potenza, con la deliberazione n.2/2010/PAR.
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Gli onorari percepiti dagli avvocati del Servizio legale dell’ente, ai sensi dell’art. 27 del CCNL 14.9.2000, possono essere computati ai fini della determinazione della 13^ mensilità?
La attuale disciplina della tredicesima mensilità, di cui all’art. 5 del CCNL del 9.5.2006, prende a base di calcolo gli elementi retributivi riconducibili alla nozione di retribuzione stabilita dall’art. 52, comma 2, lett. c) del CCNL del 14. 9.2000, come sostituito dall’art. 10 del CCNL del 9.5.2006.
Detta nozione ricomprende: la retribuzione tabellare iniziale, gli incrementi tabellari per progressione economica, la indennità integrativa speciale, la retribuzione individuale di anzianità, la retribuzione di posizione
e gli assegni ad personam a carattere continuativo e non riassorbibile.
E’ evidente che, dato il carattere tassativo dello stesso, nell’elenco delle predette voci retributive non possono essere ricomprese altre indennità o altri compensi contrattualmente previsti per remunerare particolari categorie di lavoratori o per compensare specifiche prestazioni.
Si esclude, quindi, che i compensi percepiti dal personale, ai sensi dell’art. 27 del CCNL 14.9.2000, possano essere ricompresi nella base di calcolo per la determinazione della tredicesima mensilità.
Con parere del 10/02/2014 n. RAL_1660_Orientamenti Applicativi l’ARAN risponde alla seguente domanda posta da un comune:
E’ possibile erogare compensi ai dipendenti che assistono l’ente nei contenziosi dinanzi al giudice tributario, ai sensi dell’art.15, comma 2-bis, del D.Lgs.n.546/1992? Le risorse a tal fine previste dalla legge possono derogare al tetto del fondo per la contrattazione integrativa, come avviene per i compensi previsti per l’avvocatura dell’ente?
In relazione a tali problematiche, si ritiene utile precisare quanto segue:
a) anche relativamente alle previsioni dell’art. 12, c. 1 lett. b) del DL n. 437/1996 convertito nella L. 556/1996, è la legge stessa che stabilisce sia le modalità di acquisizione delle necessarie risorse (spese del giudizio), sia i possibili destinatari dei compensi di cui si tratta (incentivi collegati al rimborso delle spese di giudizio);
b) infatti, l’art.4, comma 3 del CCNL del 5.10.2001 stabilisce espressamente che la disciplina dell’art.15, comma 1, lett. k) del CCNL dell’1.4.1999, ricomprende, tra l’altro, le risorse correlate agli effetti applicativi dell’art.12, comma 1, lett. b) del D.L. n. 437 del 1996 (convertito nella legge n. 556 del 1996), che ha introdotto il comma 2 bis, nell’art.15 del D.Lgs.546/1992;
c) per l’utilizzo di tali risorse al fine dell’erogazione di incentivi al personale preso in considerazione dal legislatore, secondo le regole generali (art.2, comma 3, ed art.45, comma 1, del D.Lgs.n.165/2001), è sempre necessario il preventivo intervento regolativo della contrattazione integrativa;
d) pertanto, se i dipendenti non hanno la qualifica dirigenziale, le risorse acquisite dall’ente ai sensi del richiamato art.15, comma 2 bis possono essere destinate all’incentivazione del personale ai sensi e secondo la disciplina degli artt.15 e 17 del CCNL dell’1.4.1999 e successive modifiche (v. anche art.8, comma 1 CCNL del 5.10.2001 e art. 27 CCNL 14.9.2000);
e) tali incentivi specifici possono essere riconosciuti anche ai titolari di posizione organizzativa, in presenza dei presupposti stabiliti dalla legge, come integrazione della retribuzione di risultato, anche nell’ipotesi che in tal modo si determini il superamento del limite massimo stabilito per tale voce retributiva dall’art.10, comma 3, del CCNL del 31.3.1999;
f) relativamente alla eventuale esclusione delle risorse di cui si tratta dall’ambito applicativo dell’art. 9, comma 2-bis, della legge n.122/2010, la scrivente Agenzia non ha elementi di valutazione da fornire, in quanto trattandosi di una problematica attinente alla definizione dei contenuti ed alle corrette modalità applicative di specifiche previsioni di legge, essa esula dall’attività di assistenza dell’ARAN, limitata, ai sensi dell’art.46, comma 1, del D.Lgs.n.165/2001, esclusivamente alla formulazione di orientamenti per la uniforme applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro. In proposito, si può solo evidenziare che, attualmente, la delibera n. 51/CONTR/11 delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti, la circolare n.12/2011 del Ministero dell’Economie e delle Finanze e gli altri orientamenti formulati in proposito dal medesimo dicastero, non hanno ricompreso in alcun modo le risorse dell’art.12, comma 1, lett. b) del DL n. 437/1996 convertito nella L. n.556/1996 tra quelle che, pure ricomprese nell’art.15, comma 1, lett. k) del CCNL dell’1.4.1999, possono derogare al rigido vincolo quantitativo dell’art. 9, comma 2-bis, della legge n.122/2010.
900-27A1. Quali sono i criteri guida per la disciplina dei compensi ai professionisti? Le relative risorse devono intendersi al netto o al lordo degli oneri riflessi?
Dobbiamo evidenziare che l’art. 27 del CCNL del 14.9.2000 affida alla autonoma regolamentazione dei singoli enti la definizione dei criteri per la erogazione dei compensi professionali ai professionisti legali, con il solo richiamo ai principi del regio decreto legge 27.11.1933, n. 1578; in tale ambito, pertanto, gli enti possono adattare o correggere le regole preesistenti, al fine di tener conto delle più recenti novità che sono emerse anche a seguito della riforma dei codici; gli enti devono altresì disciplinare , in sede di contrattazione decentrata integrativa, la correlazione tra i compensi professionali in esame e la retribuzione di risultato prevista per il personale incaricato di posizione organizzativa.
Per quanto riguarda la determinazione del compenso, e cioè se lo stesso deve essere considerato al lordo o al netto degli oneri riflessi, siamo del parere che debba essere confermato il criterio già adottato dalla nostra Agenzia relativamente agli analoghi compensi professionali per progettazione di cui alla legge 109 del 1994, e che di conseguenza gli stessi compensi devono essere computati al lordo degli oneri riflessi a carico dell’ente.
In altri termini, e per maggiore chiarezza, riteniamo che la somma complessiva che l’ente ritiene di dover destinare ai professionisti legali, secondo la disciplina adottata ai sensi del citato art. 27 del CCNL dell’14.9.2000 debba essere determinata ricomprendendo anche l’importo degli oneri riflessi; naturalmente al singolo professionista sarà erogato l’importo al netto degli stessi oneri.
Quesito P59 Ulteriori chiarimenti sui compensi aggiuntivi spettanti al personale incaricato di posizione organizzativa.
La disciplina contrattuale del trattamento economico del personale incaricato di posizione organizzativa ha sancito (art. 10 CCNL 31/3/1999) il principio generale che le retribuzioni di posizione e di risultato assorbono e ricomprendono ogni trattamento accessorio per il personale in questione.
Il successivo CCNL dell’1/4/1999 stabilisce che per il suddetto personale trova applicazione la disciplina dell’art. 18 della l. 109/1994 (incarichi per progettazione) e dell’art. 69, comma 2. del DPR 268/1987 (compensi professionisti legali).
Con il CCNL del 14/9/2000 si consente l’erogazione dei compensi per lo straordinario elettorale e dei compensi ISTAT (art. 39, comma 2), nonché si precisa che (art. 35) continua a trovare applicazione, per il personale incaricato di posizione organizzativa, l’indennità di vigilanza prevista dall’art. 37 comma 1, lett. b) del CCNL del 6/7/1995.
Infine, con il CCNL del 5/10/2001 all’art. 8, comma 1, si permette di utilizzare per la retribuzione di risultato del personale incaricato di posizione organizzativa, una parte delle risorse elencate nell’art. 4, comma 3; tali risorse ricomprendono solo quelle derivanti:
dalla applicazione dell’art. 3, comma 57 l. 662/1996 e dall’art. 59, comma 1, lett. p) del D.Lgs. 446/1997, gettito dell’imposta comunale sugli immobili e compensi incentivanti al personale addetto;
dagli effetti applicativi dell’art. 12, comma 1, lett. b) della l. 556/1996, spese del giudizio.
Al di fuori delle ipotesi sopra riportate è da escludere che possano essere legittimamente utilizzate altre tipologie di risorse, quali quelle legate agli introiti per il condono edilizio, per corrispondere ulteriori compensi al personale incaricato di posizione organizzativa.
PARERI/SENTENZE CORTE DEI CONTI
Corte dei conti Emilia n. 34 del 2007
Corte dei Conti sezione Autonomie n. 33 del 2010
Corte dei conti Basilicata Parere Comune Potenza n. 2 del 2010
Corte dei conti Campania Parere Comune Afragola n. 6 del 2010
Corte dei conti Liguria Parere Comune Sarzana n. 16 del 2011
Corte dei conti Umbria Parere Comune Gualdo Tadino n. 3 del 2012
Corte dei conti Veneto Parere Comune Rovigo n. 200 del 2014
ALTRO
MEF Parere Provincia di Avellino del 4 settembre 2013
MEF Circolare 28 del 2006 pag. 8 commi 207-208
Sentenza Consiglio di Stato 23.05.2005 (Per i compensi agli avvocati degli enti locali serve la delibera di Giunta)


