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ART. 15 COMMA 1 LETTERA E) CCNL 1.4.1999 – Date X Fondo

L’integrazione contrattuale di cui all’art. 15 c. 1 lett. e) del CCNL 1.4.1999 consentiva agli Enti di incrementare il fondo delle risorse decentrate per una quota pari al 20% dei risparmi derivanti dalla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Gli Enti si sono potuti avvalere di questa disposizione contrattuale solo fino all’anno 2008.

Infatti, l’art. 73 della L.133/2008 ha apportato delle modifiche all’art. 1 commi 58 e 59 della L. 662/96, non rendendo più possibile, (a partire dal 25 giugno 2008, data di entrata in vigore del DL 112/2008 convertito) l’iscrizione sul fondo della quota variabile relativa al 20% dei risparmi per la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Di fatto, con la riscrittura degli articoli, risulta disapplicato il secondo periodo “L’ulteriore quota del 20 per cento è destinata, secondo le modalità ed i criteri stabiliti dalla contrattazione decentrata, al miglioramento della produttività individuale e collettiva. I risparmi eventualmente non utilizzati per le predette finalità costituiscono ulteriori economie di bilancio.”

RIFERIMENTO CONTRATTUALE

CCNL 1.4.1999

ART. 15
Risorse per le politiche di  sviluppo delle risorse umane e per la produttività

1. Presso ciascun ente, a decorrere dal 1.1.1999, sono annualmente destinate alla attuazione della nuova classificazione del personale, fatto salvo quanto previsto nel comma 5, secondo la disciplina del CCNL del …., nonché a sostenere le iniziative rivolte a migliorare la produttività,  l’efficienza e l’efficacia dei servizi,  le seguenti risorse:

[…] omissis

e)   le economie conseguenti alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale ai sensi e nei limiti dell’art. 1, comma 57 e seguenti della legge n. 662/1996 e successive integrazioni e modificazioni; (economie 30% al bilancio, 50% incentivi mobilità e 20% fondo produttività individuale e collettiva)

RIFERIMENTI NORMATIVI

L. 133/2008 di Conversione del DL  25 giugno 2008, n. 112

Art. 73.
Part time

1. All’articolo 1, comma 58, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo le parole: «avviene automaticamente» sono sostituite dalle seguenti: «può essere concessa dall’amministrazione»;
b) al secondo periodo le parole «grave pregiudizio» sono sostituite dalla seguente: «pregiudizio»;
c) al secondo periodo le parole da: «può con provvedimento motivato» fino a «non superiore a sei mesi» sono soppresse;
d) all’ultimo periodo, le parole: «il Ministro della funzione pubblica e con il Ministro del tesoro» sono sostituite dalle seguenti: «il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze».

2. All’articolo 1, comma 59, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «al 50» sono sostituite dalle seguenti: «al 70»;
b) le parole da «può essere utilizzata» fino a «dei commi da 45 a 55» sono sostituite dalle seguenti: «e’ destinata, secondo le modalità ed i criteri stabiliti dalla contrattazione integrativa, ad incentivare la mobilità del personale esclusivamente per le amministrazioni che dimostrino di aver provveduto ad attivare piani di mobilità e di riallocazione mediante trasferimento di personale da una sede all’altra dell’amministrazione stessa»;
c) le parole da «L’ulteriore quota» fino a «produttività individuale e collettiva» sono soppresse.

L. 662/96 all’art. 1 commi 58 e 59

Art. 1

(Misure in materia di sanita’, pubblico impiego, istruzione, finanza regionale e locale, previdenza e assistenza).

[…] omissis

58. La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale avviene automaticamente entro sessanta giorni dalla domanda, nella quale e’ indicata l’eventuale attivita’ di lavoro subordinato o autonomo che il dipendente intende svolgere. L’amministrazione, entro il predetto termine, nega la trasformazione del rapporto nel caso in cui l’attivita’ lavorativa di lavoro autonomo o subordinato comporti un conflitto di interessi con la specifica attivita’ di servizio svolta dal dipendente ovvero, nel caso in cui la trasformazione comporti, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, grave pregiudizio alla funzionalita’ dell’amministrazione stessa, puo’ con provvedimento motivato differire la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo non superiore a sei mesi. La trasformazione non puo’ essere comunque concessa qualora l’attivita’ lavorativa di lavoro subordinato debba intercorrere con un’amministrazione pubblica. Il dipendente e’ tenuto, inoltre, a comunicare, entro quindici giorni, all’amministrazione nella quale presta servizio, l’eventuale successivo inizio o la variazione dell’attivita’ lavorativa. Fatte salve le esclusioni di cui al comma 57, per il restante personale che esercita competenze istituzionali in materia di giustizia, di difesa e di sicurezza dello Stato, di ordine e di sicurezza pubblica, con esclusione del personale di polizia municipale e provinciale, le modalita’ di costituzione dei rapporti di lavoro a tempo parziale ed i contingenti massimi del personale che puo’ accedervi sono stabiliti con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del tesoro.

59. I risparmi di spesa derivanti dalla trasformazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni da tempo pieno a tempo parziale costituiscono per il 30 per cento economie di bilancio. Un quota pari al 50 per cento dei predetti risparmi puo’ essere utilizzata per incentivare la mobilita’ del personale delle pubbliche amministrazioni, ovvero, esperite inutilmente le procedure per la mobilita’, per nuove assunzioni, anche in deroga alle disposizioni dei commi da 45 a 55. L’ulteriore quota del 20 per cento e’ destinata, secondo le modalita’ ed i criteri stabiliti dalla contrattazione decentrata, al miglioramento della produttivita’ individuale e collettiva. I risparmi eventualmente non utilizzati per le predette finalita’ costituiscono ulteriori economie di bilancio.

PARERI/ SENTENZE

Corte dei Conti  Sezione della Lombardia Delibera n. 15/2009 : La circostanza che un ente locale sia in ritardo nella sottoscrizione dell’ipotesi di contratto decentrato relativa all’annualità 2007 ha differito nel tempo la sola definizione delle modalità e dei i criteri di riparto di tali incentivi per il 2007, ferma restando la necessità di accantonare, relativamente a tale annualità, le risorse relative alla quota del venti per cento dei risparmi di spesa derivanti dalla trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale destinati al miglioramento della produttività individuale e collettiva del personale, in vista della successiva contrattazione decentrata sul punto.

Corte dei Conti Sezione della Toscana Delibera n. 55/2009 : La novella apportata dal DL. n.112/08 al comma citato, pertanto, ha sottratto all’incentivo per la produttività la parte di risparmio dovuta alle economie conseguenti alla trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale; in assenza di disposizioni retroattive esplicite, l’originaria destinazione di tali quote al fondo per la produttività  non può che considerarsi cessata solo a far data dall’entrata in vigore del decreto legge (25 giugno 2008), secondo le ordinarie regole sugli effetti della successione delle leggi nel tempo, senza, pertanto, pregiudicarne l’impiego per il periodo 1 gennaio 2008 – 24 giugno 2008. Inoltre, a nulla rileva il fatto che l’ente non abbia ancora perfezionato con le organizzazioni sindacali la sottoscrizione dell’ipotesi di contratto decentrato relativa all’annualità 2008.

Corte dei Conti Sezione del Friuli Venezia Giulia Delibera n. 231/2011 Ciò posto, come già affermato da questa Sezione nelle richiamate deliberazioni, in considerazione della ratio della norma in esame e del principio della successione delle leggi nel tempo, si rileva che, a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’articolo 73, co. 2, d.l. cit. (25 giugno 2008), è cessata, anche nell’ambito del comparto unico regionale, la destinazione dei risparmi di spesa derivanti dalle economie da part-time all’incentivazione del personale in servizio, potendo tali risparmi essere destinati unicamente alla mobilità del personale

ALTRO

Parere del Ministero dell’interno al Comune di Vercelli successivamente all’entrata in vigore dell’art. 73 della l.133/2008.

In materia di lavoro a tempo parziale, anche se non strettamente collegato al fondo delle risorse decentrate, si segnala il documento Aran disponibile sul sito: Lavoro a tempo parziale: il vecchio automatismo alla luce delle attuali disposizioni legislative e delle recenti sentenze

Fornita al datore di lavoro la possibilità di riesaminare e contemperare le esigenze organizzative e quelle del dipendente.

La legge n. 662 del 23 dicembre 1996 riconosceva ai pubblici dipendenti la possibilità di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, ponendo in posizione prevalente l’espressione della volontà del dipendente rispetto al contesto lavorativo. Gli effetti della concreta applicazione di tale norma, che nasceva per esigenze diametralmente opposte alle attuali, si sono tradotti, nei fatti, in una mera “presa d’atto” da parte della P.A., incontrando l’unico limite della percentuale del 25 % della dotazione organica complessiva di personale a tempo pieno di ciascuna qualifica funzionale. Infatti il diniego alla trasformazione del rapporto di lavoro, oltre che nelle ipotesi di conflitto di interessi, poteva avvenire solo nei casi in cui avrebbe comportato, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, “grave pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa”.

Tale impostazione è stata presto mitigata dalla Circolare 21 ottobre 1997 n. 8, emanata dal Dipartimento della funzione pubblica, che, nel chiarire gli aspetti operativi, relativi in particolare alla articolazione della prestazione, introduceva il principio dell’individuazione consensuale della prestazione lavorativa secondo criteri tali da contemperare l’effettivo esercizio del diritto del dipendente con la salvaguardia delle esigenze funzionali dell’amministrazione. Pertanto lo strumento applicativo della disposizione legislativa prevedeva per la p.a. un ruolo attivo, quantomeno nell’esercizio del diritto.

La contrattazione collettiva recepiva tale orientamento, tant’è che l’art. 21 del CCNL comparto ministeri del 16 febbraio 1999 ne disciplinava l’istituto e con un apposito comma (12) stabiliva che l’avvenuta trasformazione doveva essere comunicata per iscritto al dipendente in termini stabiliti (60 giorni dalla ricezione della domanda) con l’indicazione della durata e dell’articolazione della prestazione lavorativa “secondo quanto concordato con l’amministrazione”.

Successivamente, e precisamente con l’ art. 73 del D.L. 25 giugno 2008 n. 112 convertito con modificazioni dalla L. n. 133/2008, il legislatore, raccogliendo la necessità di rivedere tale istituto, affidava alla p.a. la facoltà (e non più la mera presa d’atto) di concedere la trasformazione del rapporto di lavoro. Ciò comportava un cambiamento radicale della originaria impostazione poiché delineava una procedura che assegnava un ruolo attivo alla P.A. con l’adozione di un provvedimento di concessione del diritto, e non solo di diniego all’esercizio del diritto, ponendo, quindi, in equilibrio le due parti, datore di lavoro e lavoratore pubblico. Eliminando, inoltre, l’aggettivo grave al termine pregiudizio, quantomeno tendeva ad ammorbidire l’originaria stesura nel tentativo di rendere più realizzabile la valutazione delle esigenze dell’amministrazione.

Da ultimo, con le disposizioni introdotte dall’art. 16 della Legge 4 novembre 2010 n. 183 le pp.aa. di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 e successive modificazioni, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della stessa, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fedepossono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati prima della data di entrata in vigore del citato D.L. n. 112/2008 convertito con modificazioni dalla Legge n. 133/2008.

Tale norma, rispetto alla L. n. 662/96, di fatto capovolge nettamente la posizione delle parti poiché dalla originaria formulazione, che riconosceva un vero e proprio diritto potestativo in capo al dipendente e non prevedeva alcuna valutazione discrezionale tendente a contemperare le esigenze organizzative della p.a. con quelle del dipendente, giunge ad assegnare al datore di lavoro la possibilità di riesaminare, seppure entro un arco temporale definito, i provvedimenti di concessione del part-time adottati prima del 2008. Ciò pone in capo all’Amministrazione il potere di valutazione “ora per allora” da esercitarsi però in relazione alle attuali e mutate esigenze organizzative.

A tal proposito occorre fare riferimento ai principi di correttezza e buona fede per una corretta valutazione delle singole posizioni acquisite dai dipendenti che da lungo tempo hanno organizzato la propria vita personale e professionale magari con ulteriori impegni aggiuntivi resi possibili dallo svolgimento della prestazione in regime di part-time. Per tali ragioni il provvedimento di revoca dovrebbe essere ben sostenuto da un’adeguata e puntuale motivazione la quale, partendo dalle esigenze organizzative della P.A., esamina anche la posizione del dipendente consolidata negli anni. Infatti il potere di revoca del datore di lavoro non è generalizzato su tutti i contratti part-time a seguito di trasformazione automatica, ma consiste nella facoltà di rivedere i singoli provvedimenti.

Su tale spinosa questione si è recentemente espresso il Tribunale di Trento con ordinanza del 16 giugno2011 di accoglimento del reclamo, presentato dal Ministero della giustizia, avverso il provvedimento di sospensione della revoca del part-time adottato dal Giudice monocratico. Tale pronuncia e la precedente analoga, emanata dal Tribunale di Firenze con ordinanza del 7 marzo 2011 riguardante sempre il Ministero di giustizia, costituiscono i primi interventi giurisprudenziali sull’argomento entrambi favorevoli alla parte datoriale.

L’Ordinanza del Tribunale di Firenze si basa essenzialmente su profili di carattere sostanziale. Infatti, pur riconoscendo che la motivazione a sostegno del provvedimento di revoca non fosse conforme alle prescrizioni impartite dal Ministero della giustizia con circolare prot. 1196 del 24 novembre 2010, il Collegio ha reputato che detta inosservanza non costituisse ex se violazione dei principi di correttezza e buona fede indicati dal legislatore. Infatti è stato ritenuto che, in mancanza di una previsione legislativa ad hoc, sia il difetto di motivazione in senso sostanziale (inesistenza in concreto dei motivi cui la norma subordina la revoca) e non in senso formale (omessa o insufficiente motivazione del provvedimento) a concretare l’inosservanza di quei principi, in ragione della conseguente illogicità, vessatorietà, arbitrarietà della revoca (Tribunale di Firenze, ordinanza 7 marzo 2011).

Sull’eventuale contrasto tra la disciplina dell’art. 16 della L. 183/2010 e la normativa europea dalla quale deriverebbe il consenso del lavoratore alla trasformazione del rapporto di lavoro (clausola 5 dell’ Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale recepito dalla direttiva 15.12.1997 n.97/81/CE) e l’art. 15 comma 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in merito al divieto di costituzione coatta di rapporti di lavoro, il Tribunale di Trento nella citata Ordinanza ha ritenuto:

che qualora si dovesse reputare necessario il consenso di coloro che illo tempore hanno esercitato il diritto potestativo, i lavoratori a tempo pieno che aspirano ad un rapporto a tempo parziale ne verrebbero penalizzati in quanto le loro richieste avrebbero maggiori difficoltà ad essere accolte;

inconferente il richiamo all’art. 15 comma 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. poiché esso non esclude l’esercizio di poteri unilaterali da parte del datore di lavoro.

In tale caso sia il Collegio che il giudice monocratico hanno ritenuto ben dettagliate le ragioni dell’amministrazione poste a fondamento dell’atto di revoca del part-time ritenendole: congrue, puntuali e sufficientemente specifiche. Pertanto, attualmente, la giurisprudenza di merito adita in sede cautelare ha confermato la ratio dell’art. 16, inteso quale intervento correttivo che tende a ripristinare l’equilibrio tra le esigenze organizzative del datore pubblico e gli interessi individuali dei lavoratori. Inoltre ha ribadito il concetto secondo cui la trasformazione del rapporto di lavoro è subordinata al consenso di entrambe le parti e quindi anche a quello della P.A. Ciò ha comportato per quest’ultima la possibilità, seppure a ritroso, di recuperare quei casi di trasformazione automatica del rapporto di lavoro che “impattavano” negativamente sull’organizzazione degli uffici e del lavoro. In ogni caso è auspicabile che il preambolo a sostegno dell’atto di revoca adottato contenga riferimenti specifici riguardanti la fase istruttoria ed esplorativa anche di possibili soluzioni alternative offerte al dipendente riguardanti, ad esempio, diverse varianti nell’articolazione dell’orario (possibilità di rendere la prestazione il sabato, ecc.). Tanto viene peraltro indicato nella recente Circolare della Presidenza del Consiglio Dipartimento della funzione pubblica n. 9/11 del 1° agosto 2011, pubblicata sul sito www.innovazionepa.gov.it, che richiama l’attenzione anche alla gradualità di tutela delle posizioni e a ben ponderare le situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare secondo quanto previsto dalla normativa e dalla contrattazione collettiva.

In conclusione, i principi di correttezza e buona fede richiamati dal legislatore nel citato art. 16 fungono da “bussola” per l’amministrazione poiché essi costituiscono un vero e proprio criterio di valutazione dell’adempimento del datore di lavoro, anche pubblico (Cass., 30 dicembre 2009, n. 27888 ). Pertanto il modus operandi della P.A. non può prescindere da una circostanziata ed esatta valutazione di entrambi gli interessi in campo ponendo in essere tutti gli sforzi possibili nell’individuare soluzioni tese a contemperare al massimo l’interesse dell’amministrazione con il minimo sacrificio per il lavoratore (in tal senso Cass. 11 gennaio 2006, n. 264; Cass. 18 settembre 2009, n. 20106).

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